Una storia quasi perfetta (2016) by Mariapia Veladiano

Una storia quasi perfetta (2016) by Mariapia Veladiano

autore:Mariapia Veladiano [Veladiano, Mariapia]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2016-02-01T23:00:00+00:00


30.

«Dov'è?» chiese Claire.

«A Venezia» rispose Costanza visto che era l'unica a saperlo e visto che nessun altro aveva alzato gli occhi dallo schermo del computer.

« Con lei? » « Con lei. » «Di giorno?» «Di giorno.» «Ci deve tenere un sacco. » «Non ha ancora il contratto. » Anche Costanza non aveva inclinazione a pentirsi e di sicuro non aveva molte occasioni per esercitarsi. Quel che in altri poteva chiamarsi calcolo o perfidia in lei era limpidissima arte al servizio dell'azienda e non chiedeva pentimento. Però sapeva riconoscere quando sbagliava e quella mattina se ne accorse subito.

«Deve tenerci molto perciò» ripetè Claire. «Non ci ha mostrato i disegni. Come sono? » «Belli. Un po' originali.» Il tono era liscio liscio. Troppo liscio.

«Potrebbe anche essere innamorato, giusto?» A parlare era stato Valentino, due scrivanie più in là.

«Di se stesso, sempre.» Claire rideva ma le venne male.

«Allora forse non ci è ancora andato a letto» rispose Valentino.

«O non le ha ancora saccheggiato l'anima» disse Claire.

Erano tutti fuori tono.

«Sempre abrasiva. Tu ti avveleni» disse Valentino.

«Eravamo perfetti io e lui. Quasi non sappiamo cosa sia l'anima. »

31.

«Andiamo a Venezia» lo aveva ripetuto Bianca più tardi quella notte. Erano nella stanza di lei. Bianca come il suo nome, la sua pelle, i suoi capelli chiarissimi.

Le pareti, il soffitto, il pavimento di pietra, i mobili laccati. Tutto era bianco. A mezza altezza sulle quattro pareti una fila orizzontale di piccoli ritratti quadrati, miniature quasi. Erano gatti. Ogni quadretto un gatto in posa. Gol nome. Gatti a china. Nerone era tutto scuro, Centouno era a pois, come un dalmata dall'identità incerta, Pavoncello era sulle punte come una ballerina. Una galleria che lui non aveva ancora esplorato, ma l'aveva vista.

«Un incanto» aveva detto. Era vero, e poi a lei piaceva quell'espressione. Lui se n'era accorto e la riproponeva con giusta misura.

Nella stanza il colore era affidato a un bel vaso di ortensie blu, una pianta di roselline rosa in un cache-pot rosso, un colpo d'occhio. Notevole. E poi c'erano i gerani sul poggiolo del balcone, un tripudio di rossi anche quelli, moltiplicati dallo specchio a tutta altezza della parete di fronte. Quando erano entrati, appena dopo che Gabriele era ripartito con zia Beatrice, un tocco di clacson dal garage, sempre di fretta la zia, quando erano entrati il tramonto giocava con le trasparenze dei petali e dallo specchio inondava di luce la stanza, luce rosa che si corrispondeva di parete in parete.

«Andiamo a Venezia» aveva ripetuto Bianca per la seconda volta.

E lui aveva risposto di sì.

Bianca era distesa nella posizione in cui lui l'aveva amata, le gambe un poco aperte, la testa sul cuscino rovesciata un poco indietro, gli occhi chiusi, quell'aureola improbabile di capelli senza disciplina, le mani lungo il corpo, le dita leggermente allargate, le palme appoggiate al materasso. Tutto diceva una confidenza totale, più ancora di quella appena vissuta. Era qualcosa per cui non era attrezzato. Qualcosa di nuovo per lui, che praticava senza finzione l'arte dell'allontanarsi dalla scena appena possibile.

Steso su un fianco vicino



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